DOMINIO
VENETO
Il Dominio Veneto:
nel 1404 i Bellunesi decisero di sottomettere la città e il
territorio alla signoria di Venezia. Negli anni seguenti un evento importante,
legato alla predicazione di san Bernardino da Siena, fu la riforma del consiglio
cittadino e quello della comunità di Agordo. Infatti, anche il Bellunese, come
il resto d’Italia, era lacerato dalle rivalità tra guelfi e ghibellini. La riforma del 1424 cancellava i rotuli, ossia le fazioni dei guelfi e dei
ghibellini, e “cambiava il sistema di distribuzione degli uffici, che si
faceva con l’estrazione a sorte di tutti i consiglieri indistintamente, e non
più fra le rispettive parentele”.
Nei secoli XV e XVI il territorio agordino fu colpito da una serie di eventi
calamitosi, naturali e non. Nel 1430 un grave incendio distrusse quasi
completamente il paese di Agordo: una trentina i complessi distrutti. La peste
colpì gli abitanti a più riprese: nel 1435, nel 1482, nel 1529, nel 1547, nel
1564, nel 1631. L’ultimo episodio di peste risale alla prima metà
dell’Ottocento, con la Falcadina, chiamata così dal luogo dove prima si
diffuse. L’Agordino subì, inoltre, molte devastazioni a causa delle guerre
che dovette sostenere la Repubblica Veneziana: contro Filippo Maria Visconti e
contro Sigismondo d’Austria, interessato a togliere ai veneziani le miniere
dell’Agordino.
Nuove distruzioni colpirono il territorio agordino durante la guerra tra
Massimiliano d’Austria e Venezia, iniziata nel 1508 a seguito della nascita
della Lega di Cambrai in funzione antiveneziana. Al termine della guerra, il
generale Luigi Mocenigo attese a riordinare la città di Belluno e in
particolare i capitanati di Agordo e della Rocca, che avevano manifestato
intenzioni di secessionismo (volevano staccarsi da Belluno e unirsi al Cadore).
Confidando nelle capacità del nobile bellunese Bartolomeo Corte, gli conferisce
i capitaniati di Agordo e Zoldo per la durata di dieci anni e più. Durante
questa breve signoria si iniziò l’opera di ricostruzione e fu portata a
compimento la chiesa arcidiaconale, seriamente danneggiata
nell’incendio del 1430.
Con un salto di un secolo la cronaca ci porta al 1635, quando un altro
furioso incendio distrusse il paese di Agordo. Il podestà di Belluno, Domenico
Zen, in un dispaccio al senato veneto così descrive la situazione:
“Quell’infelici sudditi al numero di 1700 vano per quelle campagne vagando
come disperati non sapendo dove ricovrarsi nemeno come che sustentarsi
essendogli questo infausto accidente sucesso in tempo che avevano fatto li
raccolti di biave vini et altro, per loro sostentamento”(Tamis). Ma il paese
risorse assai presto e continuò a prosperare come prima, quando (è sempre lo
Zen a parlare) era “luoco di molto trafico et mercantile, abitato da soggetti
honorevoli et de’ beni di fortuna comodissimi”. “Vi fiorivano la potente
famiglia Crotta, matematici di grande fama, quale Tito Livio
Burattini, tecnici
e ingegneri richiesti dai sovrani a dai Sommi Pontefici, religiosi eloquenti e
di grande cultura che si affermarono fuori della regione, scultori in legno e in
pietra che lavoravano per le chiese del Veneto e del Trentino e per due secoli
diedero vita a una tradizione e a una industria che gareggiavano con quelle
della Val Gardena. Particolare importanza rivestiva l’industria mineraria e
dei suoi derivati” (Fiorello Zangrando, Notizie storiche sui comuni dell’Agordino).
Negli anni che precedettero il tramonto definitivo della repubblica di
Venezia, si diffusero anche nell’Agordino le idee di libertà e di uguaglianza
propugnate dalla rivoluzione francese. La campagna d’Italia di Napoleone ebbe
i suoi riflessi anche nella provincia di Belluno, che venne divisa in nove
cantoni, retto ciascuno da una municipalità. L’Agordino venne diviso in Agordo
sotto Chiusa ed Agordo sopra Chiusa; di quest’ultima fu vice
presidente il poeta Valerio Da Pos, che si era formato alla scuola di Voltaire.
Gli Agordini votarono per l’unione del Veneto alla repubblica cisalpina e
questa fu l’occasione per la diffusione dell’idea dell’unità nazionale in
una repubblica democratica italiana. Invece la pace di Campoformio (1797)
portava in provincia gli Austriaci, che annullarono con il conte Oliviero Wallis
tutte le riforme introdotte dai Francesi e ripristinarono gli organismi
amministrativi e politici in vigore nel 1796. Probabilmente a causa del
malcontento determinato dalle ingenti spese per il mantenimento delle truppe
imperiali e del desiderio di far risorgere la democrazia, nel 1800 scoppiò una
rivolta di contadini (o sommossa, come preferisce definirla Tamis) nella piana
di Belluno, alla quale aderirono anche gli Agordini, seppur in piccola parte;
questi erano guidati dal famoso brigante Desiderio Manfroi, detto l’Userta
(lucertola) perché si nascondeva fra i cespugli del Col di Foglia per assaltare
i viandanti. Era considerato un bravo della famiglia Crotta e aveva fama
di sanguinario e violento. La rivolta venne soffocata nel sangue e l’Userta vi
trovò la morte.
In seguito alla pace di Presburgo, nel 1805 l’Agordino e la provincia
di Belluno, denominata Dipartimento della Piave, passavano sotto il Regno
Italico. Con la caduta di Napoleone, ritornarono nuovamente all’Austria e non
si segnalano fatti di particolare importanza fino al 1848.
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